"Patria delle Muse, arcadia dell'arte, scuola universale della pittura, Roma divenne, nel corso del Cinquecento, la meta privilegiata di pellegrinaggio da parte di numerosi artisti stranieri, originari soprattutto delle Fiandre e dell'Olanda. Conclusasi ormai la ricca stagione del Rinascimento - che vide attivi nella città papale tre impareggiabili maestri: Leonardo, Raffaello e Michelangelo - i pittori transalpini dovettero fare i conti con un patrimonio quanto mai vasto e variegato di modelli artistici, mettendosi prontamente a studiare, insieme ai reperti antichi, le opere di Giulio Romano, Polidoro da Caravaggio, Federico Barocci. Le glorie dell'antica Roma e i gioielli del Rinascimento finirono per trovarsi, così, al centro di un altisonante elogio retorico: Roma, contenitore ineguagliabile di testimonianze artistiche. In mezzo, tuttavia, a quest'entusiastico consenso si levarono altre voci di letterati ed umanisti che, lontani dal proporre una ridondante decantazione di Roma e dei suoi tesori estetici, cercarono, al contrario, di descrivere alcuni aspetti insoliti del crogiolo tiberino nel Cinquecento. Tra questi autori va ricordata la figura emblematica di Karel van Mander". Con queste parole, Ricardo de Mambro Santos avvia una stimolante analisi critica e storiografica, incentrata sulla complessa trama di relazioni intercorse tra i maestri della tradizione nordica (fiamminghi, olandesi e tedeschi) e la cultura figurativa antica e italiana, negli anni cruciali del Rinascimento e del Manierismo.
18 cm, 215 pagine, 52 illustrazioni.